Quantcast
Channel: piazzaemezza » marx
Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

alfabeto #13 Marx

$
0
0

Karl Marx, Lettera al padre, in Marxiana 1, gennaio-febbraio 1976, (Dedalo, 1976)

La lettera al padre venne pubblicata per la prima volta con una introduzione di Eleanor, l’ultima figlia di Jenny e Karl, Tussy, sulla neue Zeit nel 1897, a quattordici anni dalla morte del padre; è considerata il primo documento di rilievo della biografia di Marx; scritta quando l’estensore ha diciannove anni, studente di Giurisprudenza a Berlino, restituisce realisticamente l’immagine di un giovane intellettuale animato dai molteplici impulsi che pervadevano la Germania post-federiciana – la grande poesia romantica, l’insorgente filosofia idealistica, gli studi di diritto –, disegna la figura di un ragazzo ancora esitante sulla strada da intraprendere, pure sottomesso e rispettoso nei confronti dell’autorità paterna. D’acchito sembra essere la poesia, per il giovane Marx, a svelare la verità, a dire il pensiero del passato e del presente, a segnare la posizione di confine, dalla quale è possibile guardare verso una “direzione nuova”; è, come egli scrive, il Dichten che può farsi Breiten, la materia addensata nel sé che può subito effondersi, l’apeiron, insistente dentro un’anima e una vita ispessite dalla realtà, che può liberarsi come potenza comune. In pari tempo Marx informa il padre dei suoi avanzamenti nello studio della giurisprudenza (le indagini sulla proprietà di Savigny), della filosofia (la divergenza feuerbachiana), del diritto criminale, del sistema delle Pandette – in questo quadro “la poesia poteva e doveva essere solo un accompagnamento” scrive deluso, anche deludentemente. D’altro canto, constata la “stancante prolissità” del sistema giurisprudenziale, le sue spossanti “partizioni tricotomiche”, che lo inducono a rilevarne la falsità, quando esso sia sconnesso da altri ambiti di ricerca e narrativi – i testi di Winckelmann, sui quali si approfondisce ansiosamente, i libri di Tacito sulla Germania, da lui stesso tradotti, i tristium libri ovidiani, e sempre ancora la filosofia. È questo un periodo assai febbrile per il giovane Marx, contraddittorio, egli si sporge discontinuativamente su prospettive diverse e contrastanti – “che con queste molteplici occupazioni … molte notti dovevano essere passate vegliando, molte battaglie dovevano essere combattute, molte eccitazioni interne e esterne dovevano essere patite, che io alla fine non ne uscivo molto arricchito, che intanto avevo trascurato natura, arte, mondo, che avevo perso gli amici, questa riflessione sembrò farla il mio corpo; un medico mi consigliò la campagna…” – ma infine pare delinearsi la possibilità di un passo al di là, al di là del kantismo, del fichtismo: “cercare l’idea nel reale stesso”. Questa semplice frase racchiude probabilmente per intero la grande intuizione platonico-germanica della determinazione dell’idea come ipotesi; secondo Derrida, infatti, è “il concetto di ipotesi a costituire la determinazione più fondamentale” dell’eidos platonico (Jacques Derrida, Interpretazioni in guerra, Cronopio 2001), e però la frase “cercare l’idea nel reale stesso” accoglie tutta la lezione dell’idealismo, agisce già subito l’intuizione che “l’idea non è in sé e da principio vera… ma deve superare la prova della verità… È per questo che Platone ha designato tale metodo basato sull’idea con l’espressione «render conto» (logon didonai)” (ib.). Nella lettera il giovane Marx dà naturalmente conto al padre delle prospettive professionali che lo attendono, vuoi nell’avvocatura, vuoi nel settore accademico, nulla lascia ancora presagire, ovvero tutto, le prossime performance di agitatore di spettri. Ma il riguardo preminente è riservato senza dubbio alla sua futura moglie, rimasta a casa, accanto ai genitori. Insieme a Jenny von Westphalen, Karl ebbe sette figli. Jenny lo lasciò nel 1881, due anni innanzi la sua dipartita. La lettera termina con il seguente post scriptum: “Perdonate, caro padre, la scrittura illeggibile e il cattivo stile; sono quasi le quattro, la candela è del tutto consumata e gli occhi sono appannati; una vera inquietudine si è impadronita di me, non potrò calmare gli eccitati fantasmi, finché non sarò nella Vostra vicinanza. Salutate per cortesia la mia dolce, splendida Jenny. La sua lettera l’ho già riletta dodici volte, e sempre scopro nuovi incanti”.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

Latest Images

Trending Articles